DDL BUONA SCUOLA/De Carli: referendum? Perchè no

Alunni-a-scuola-300x204In molti nelle settimane scorse hanno espresso grande apprezzamento alla scelta di Tsipras di portare alle urne il popolo greco per il famoso referendum sul piano europeo di rifinanziamento del debito ellenico. Lo strumento referendario, al di là delle posizioni personali sulla vicenda greca, si dimostra oggi estremamente importante: soprattutto in una società come quella attuale dove la mediazione tra politica e paese viene sempre più realizzata da strumenti immediati come i social network. Per questo nella prima repubblica c’erano molti più appuntamenti elettorali (con i quali i partiti cercavano di rinsaldare il rapporto di fiducia col proprio elettorato di riferimento) e una vita all’interno dei movimenti politici molto più dinamica e attiva. Oggi il partito strutturato com’era nel novecento è stato sostituito dal movimento liquido mediato dall’azione dei social network (che hanno annullato ogni filtro tra classe dirigente e paese) e il potere politico cerca di riavvicinarsi alla propria gente attraverso strumenti di partecipazione popolare (referendum, proposte di legge di iniziativa popolare…). Adducendo il tutto alla necessità (per certi versi sacrosanta) di stabilità governativa e quindi finanziaria del paese. Oggi quindi ci troviamo leggi dello stato come la cosiddetta ‘buona scuola’ votata con la fiducia richiesta dal governo Renzi dopo un dibattito rovente al Senato con frizioni forti soprattutto tra le forze centriste della maggioranza (area popolare in primis). Il tutto a causa del famoso art.16  che prevede, in sintesi, l’introduzione della teoria del tender nelle scuole italiane. Con un parlamento che si mostra bloccato, per non dire paralizzato, da veti incrociati dettati da esigenze più personali che di altro genere (sopratutto legate al mantenimento del posto da parlamentare o ministro, in una stagione dove la politica ha il terrore del voto perché ben consapevole del malessere del popolo italiano verso le istituzioni), l’unica maniera per modificare ciò che il governo approva e non condividiamo risulta la strada referendaria. Con piazza San Giovanni abbiamo dimostrato di essere popolo vero, ora occorre cogliere le sfide che la vita pubblica del paese ci pone davanti e avviare battaglie dove tradurre questa nostra mobilitazione in consenso a favore di azioni civili a difesa dei valori in cui crediamo e per quali ci stiamo battendo. Per comprendere al meglio la possibilità di avviare un referendum abrogativo della ‘buona scuola’ faccio riferimento al giudizio dell’associazione italiana dei costituzionalisti la quale, in merito al giudizio di ammissibilità di un possibile referendum abrogativo della legge, dichiara la legittimità dell’azione purché si tratti di una richiesta di abrogazione della legge nella sua interezza (e non parti di essa). Per arrivare ad un giudizio di ammissibilità occorre seguire la procedura prevista dall’art.75 della costituzione italiana ed ottenere la certificazione della regolarità della richiesta da parte dell’ufficio centrale dei referendum. Se presentate le richieste entro il 30 settembre si potrebbe ottenere tale giudizio entro al massimo il 15 di dicembre. La Corte Costituzionale poi sarebbe tenuta a deliberare entro il 20 gennaio 2016 per arrivare poi alla consultazione in un arco di tempo che va dal 15 aprile al 15 giugno 2016. Questi elementi chiariscono, da un lato la fattibilità dell’azione referendaria, dall’altro la necessità di avviare tale procedura in tempi rapidi. Occorre che facciamo sentire la nostra voce, assieme a quella dei tanti che non trovano riscontro positivo nella riforma del ministro Gelmini, al fine di mostrare al governo che sui temi a noi più cari non accettiamo ‘compromessi sbagliati’ e che davanti ad una politica che non ascolta le nostre esigenze siamo pronti a misurarci attraverso gli strumenti di partecipazione democratica che la costituzione ci mette a disposizione. ‘Si ritiene che il coraggio sia la prima delle virtù umane. È giusto, perché è la qualità che garantisce tutte le altre’ diceva spesso Churchill: noi abbiamo dimostrato di avercene in questi mesi. Ora occorre accrescerne la consapevolezza e metterlo al servizio di battaglie civili per la difesa e promozione di ciò che più di ogni altra cosa ci sta a cuore.

Mirko De Carli

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