DDL BUONA SCUOLA/De Carli: se la sono votata, ora il paese si faccia sentinella e mostri la sua contrarietà

images-1Alla fine se la sono votata: dopo la bagarre del Senato il ddl ‘la buona scuola’ è stato approvato in via definitiva alla Camera. È diventato legge con quel famoso art.16 che prevede, in sostanza, l’introduzione della teoria del gender nelle scuole italiane. Sia all’interno delle attività extracurriculari sia nella programmazione curriculari, quindi nel POF (piano di offerta formativa). Era alquanto scontato che il provvedimento passasse abbastanza agevolmente alla Camera dei deputati in quanto i rapporti di forza tra Partito democratico e forze di opposizione sono nettamente a favore del governo Renzi. Proprio per questa ragione abbiamo richiamato le forze politiche più vicine e sensibili alla piazza del 20 giugno a non cedere a nessun ‘compromesso sbagliato’ sul ddl di riforma della scuola. Purtroppo abbiamo assistito al cedimento (il secondo dopo quello sul divorzio breve) del fronte moderato che appoggia il premier fiorentino che ha deciso di votare la fiducia sulla riforma Giannini chiedendo in cambio prima un decreto legge urgente e poi una circolare e alla fine ha ottenuto una nota (neanche a firma del ministro) dove si menzionano generiche conferme di leggi dello Stato senza menzionare la questione del gender. Il tema del consenso informato per le attività POF ed extra POF, come ribadito nella nota ministeriale, non è altro che una conferma di quanto previsto per legge: un chiarimento utile (sempre meglio averlo ottenuto) ma non certo una risposta forte e chiara al rischio del dilagare dell’educazione della teoria del gender nelle scuole pubbliche italiane. Nei POF potranno essere inseriti corsi e formazioni sulla cosiddetta ‘differenza di genere’ sotto le classiche ‘mentite spoglie’ (parità di genere, lotta alle discriminazioni di genere…) dell’attuazione delle direttive europee (e non solo) e non solo in merito alle pari opportunità. Quindi possiamo dire che la politica parlamentare ha fallito: non è stata capace di rappresentare degnamente il popolo della manifestazione ‘Difendiamo i nostri figli’ e ha cercato di proporre una mediazione dove chi vince sono le lobby Lgbt. Per questo come quotidiano abbiamo lanciato, dalle nostre colonne, l’appello a scendere in piazza come milioni di sentinelle per fermare questa sciagurata deriva. Ora chiariamo gli sviluppi delle vicende parlamentari: il Pd crede di aver ottenuto la bandierina della vittoria da sbandierare con orgoglio perché è riuscito a dare una botta a sinistra (le assunzioni e la teoria gender) e a destra (piccola apertura alla parità scolastica), ciò che sta a sinistra non perde un momento per cercare di farsi portavoce del malcontento del mondo scuola mentre a destra rimane una confusione globale contraddistinto solamente da alcuni sporadici ma audaci appelli a lavorare per aprire una campagna referendaria per modificare la legge o abrogarla. Ecco il vero tema politico attuale: si farà il referendum? Chi lo promuoverà? Ecco la grande paura del potere: che da domani si scenda in piazza con una campagna referendaria forte sui temi più spinosi per l’esecutivo (in primis l’apertura alla teoria del gender nelle scuole italiane). Credo sia necessario impegnarsi rapidamente per promuovere un’azione referendaria capace di mobilitare il nostro popolo, quello del Family Day, per far comprendere ai governanti che non si possono approvare provvedimenti che non trovano consenso nel paese. Si possono avere tutti i parlamentari a disposizione che si vogliono (soprattuto se nominati e non eletti con preferenze) ma non si può fermare la vera volontà popolare. Dobbiamo aprire questa mobilitazione come movimenti laici di impegno civile, senza alcun collegamento diretto di partiti politici. Poi se singoli esponenti di partito vorranno appoggiare o sposare l’inziativa ben venga: ma la politica deve avere l’umiltà di seguire l’attivismo del popolo, non di guidarlo. Ora occorre audacia e coraggio per abbattere muri grandi come quello di Berlino. Solidarnosc nacque da un gruppo di operai che lottarono per la loro libertà di vivere pubblicamente la loro fede, partendo dalla battaglia per il diritto allo sciopero. Ora l’Italia ha bisogno di quel coraggio, di quella visione. Perché bloccare l’introduzione della teoria del gendernelle scuole pubbliche italiane è una sfida epocale, sopratutto per il destino dei più piccoli. Che sono il nostro futuro.

Mirko De Carli

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