Milano, Forte: Le città metropolitane di Renzi. Dov’è la democrazia?

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ILSUSSIDIARIO.NET – Parallelamente alla discussa riforma del bicameralismo, dal cui esito parrebbero dipendere le magnifiche e progressive sorti del Paese, sta entrando a regime la legge Delrio – dal nome del numero due del Presidente del Consiglio Matteo Renzi – che manda in pensione le province e istituisce le città metropolitane. Una piccola rivoluzione per quel che riguarda gli enti locali. Un provvedimento di cui lo stesso Renzi aveva auspicato l’approvazione in tempi brevi nel suo discorso programmatico del 24 febbraio scorso. Il combinato disposto della riforma del Senato, della legge elettorale e dei nuovi enti territoriali, specie quelli che si collocano tra Regione e Comune, rischiano di trasformare il potere legislativo e quello amministrativo in qualcosa di autoreferenziale ed elitario. Del Senato e dell’Italicum si sa. È nota la disputa sulla non eleggibilità dei nuovi senatori. Così come si sa che nella proposta di modifica della legge con cui si vota per la Camera dei deputati permangono le liste bloccate. Meno si sa in merito alle future città metropolitane.

Innanzitutto si tratta di un intervento statale che atrofizza l’iniziativa dei Comuni e delle comunità locali. Nella legge n. 142 del 1990, in cui per la prima volta il legislatore parlava di aree metropolitane, si seguiva il tracciato dell’art. 133 della Costituzione: esse sorgevano su «adesione della maggioranza dei comuni dell’area interessata, che rappresentino, comunque, la maggioranza della popolazione complessiva dell’area stessa» (art. 16, comma 2, lettera d), o istituite dalle regioni «sentiti i comuni e le province interessate» (art. 17, comma 2). Nel 1990 si prevedevano per ogni area metropolitana un sindaco ed una giunta, oltre a «le tasse, le tariffe e i contributi sui servizi ad essa attribuiti» (art. 19, comma 2). Nella legge Delrio le città metropolitane sono istituite dall’alto per decreto, sono prive di giunta e non hanno alcuna autonomia impositiva.

La città metropolitana del governo Renzi non è espressione delle autonomie locali, bensì della peggiore partitocrazia. Anche in questo caso, come per il Senato, si è deciso di escludere la partecipazione dei cittadini alla composizione degli organi assembleari. Non parliamo di un ramo del potere legislativo, e ciò costituisce una differenza sostanziale. Può avere una sua logica, quindi, individuare nei soli sindaci e consiglieri dei comuni dell’area metropolitana l’elettorato attivo. Soprattutto se si considera che i sindaci sono eletti direttamente e i consiglieri, a differenza dei parlamentari che a tutt’oggi vengono nominati, votati attraverso le preferenze. E sindaci e consiglieri sono eletti direttamente dagli stessi cittadini delle comunità che insistono sull’area metropolitana. I componenti di diritto il consiglio e la conferenza metropolitana, dunque, sono già stati legittimati democraticamente per accedere alla carica che ricoprono. Sarebbe necessario, semmai, che ciascuno di essi sia effettivamente messo nelle condizioni di rappresentare gli interessi della propria comunità, secondo il suo specifico peso, all’interno di un territorio tutto sommato omogeneo. Perché è del tutto evidente che Milano non può avere lo stesso peso – con il dovuto rispetto – di Vizzolo Predabissi. Se non altro in termini di Pil prodotto e di tasse versate … CONTINUA

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