RIFORME/ Chiti (Pd): Italicum e Senato, le “riforme” di Renzi non funzionano

MANOVRA: SENATO; AL VIA DISCUSSIONE GENERALE

ILSUSSIDIARIO – Intervista a Vannino Chiti di Pietro Vernizzi – “Continueremo a sostenere le nostre proposte di modifica alla legge elettorale, alla riforma del Senato e a quella del Titolo V a prescindere dal fatto che Berlusconi scelga o meno di appoggiare la linea del governo”. Lo afferma il senatore del Pd, Vannino Chiti, nel momento in cui il Parlamento, completata l’elezione del presidente della Repubblica, torna alla sessione ordinaria dei suoi lavori. La posizione della sinistra Pd è particolarmente importante in quanto la rottura tra governo e Forza Italia sembra insanabile. Ieri il premier Renzi ha detto riferendosi a Berlusconi: “Scherziamo? Perché lo dovrei sentire? La legge elettorale è fatta e la riforma costituzionale ormai è avviata. Al referendum confermativo avremo il Pd da un parte e un’alleanza Vendola-Grillo-Berlusconi-Salvini dall’altra. Schierati contro una norma che riduce i costi della politica, semplifica e colpisce i consigli regionali”.

Come intendete muovervi sulle riforme istituzionali?

Sia la riforma costituzionale sia la legge elettorale sono all’attenzione della Camera. Noi continueremo a sostenere politicamente la necessità delle modifiche che abbiamo portato avanti e che ci sembra abbiano un elemento comune: la qualità della democrazia non può prescindere dalla sovranità dei cittadini.

Dopo la rottura del Patto del Nazareno le vostre posizioni si sono ammorbidite?

No, noi riteniamo che i cambiamenti siano necessari a prescindere dal fatto che le riforme siano o meno votate da Forza Italia. Ci siamo presi la nostra responsabilità alla luce del sole e di fronte al Parlamento. Se domani la Camera dei deputati sarà l’unica assemblea parlamentare a essere eletta direttamente dai cittadini, si può sostenere che sia giusto che la maggioranza dei deputati sia nominata? Io ritengo di no. Questo è un aspetto vitale e fondamentale di quel rapporto tra cittadini e istituzioni che in questi anni è stato e sta diventando ancora il grande problema della democrazia italiana.

Posto che i capilista bloccati erano stati voluti da Berlusconi, Renzi potrebbe diventare più possibilista sulle preferenze?

E’ stato detto che sia modifiche alla legge costituzionale, sia cambiamenti come quello sui capilista bloccati sarebbero stati impediti da un veto di Forza Italia. Berlusconi sarebbe stato interessato a controllare la pattuglia in Parlamento dei suoi deputati piuttosto che a vincere la partita delle elezioni. In questi giorni le dichiarazioni venute dal governo non aprono la strada a cambiamenti che sono necessari. Questo è l’interrogativo che si dovrà sciogliere nei prossimi giorni. Su temi come la riforma costituzionale e la legge elettorale è giusto che ci sia un ruolo del governo, ma il compito primario spetta al Parlamento.

Che cosa modificherebbe invece per quanto riguarda la legge sul Senato?

Il superamento del bicameralismo perfetto può essere realizzato in diversi modi. Il primo è l’elezione dei senatori da parte dei cittadini in concomitanza con le elezioni regionali. E’ evidente che il Senato non si sarebbe costituito in un solo momento come la Camera, perché le elezioni regionali non si tengono tutte lo stesso anno. In alternativa si sarebbe potuto ricalcare il Bundesrat tedesco.

Come funziona il Bundesrat?

Al suo interno ci sono i rappresentanti dei governi regionali, non ci sono gruppi politici ma le singole delegazioni regionali votano in modo unitario. Il terzo modello è quello del Senato francese, eletto da una platea più ristretta, cioè dai consiglieri comunali, di dipartimento, regionali e dai deputati di quel collegio.

Come si colloca invece la riforma italiana?

La via scelta dal nostro governo è un mix degli altri tre modelli. Non solo i futuri senatori dedicheranno al loro ruolo un impegno residuale, perché quello primario sarà continuare a fare i sindaci e i consiglieri regionali. Una norma transitoria prevede inoltre che, una volta approvata la riforma, “per la designazione dei nuovi senatori si dovrà tenere conto dei voti presi alle elezioni regionali e della composizione dei consigli”. E’ un aspetto importante anche se questo fatto non è stato sottolineato a sufficienza.

Per quale ragione è importante?

Perché si dovrà tenere conto del proporzionale e del maggioritario. I voti che si prendono alle regionali sono quelli normali che esprimono i cittadini, ma la composizione dei consigli è fondata sui premi di maggioranza. Il nuovo Senato non sarà quindi costituito in modo automatico ma attraverso trattative tra maggioranza e opposizioni, e non avrà un voto unitario delle delegazioni regionali, ma si formeranno i gruppi politici. Il sindaco di una determinata regione entrerà così in Senato non in quanto sindaco, ma in quanto appartenente alla sinistra o alla destra.

Che cosa cambierebbe invece della riforma del Titolo V?

La riforma del titolo V è una poderosa centralizzazione dei poteri. Non ci si limita a restituire allo Stato le grandi reti di comunicazione e di trasporto dell’energia. Si sta facendo ritornare al governo centrale anche l’indirizzo della finanza pubblica, la tutela alimentare, la sicurezza sui luoghi di lavoro, le politiche attive per l’occupazione. Ciò svuota fortemente il ruolo delle Regioni e va in senso contrario a quello che ci siamo detti.

Perché il governo ha scelto di seguire questa strada?

Siccome in Italia ci sono stati episodi di malcostume in varie Regioni, si vuole che la riforma del Titolo V sia una specie di pendolo, che ripristina il centralismo. Personalmente non lo trovo logico. Se una Regione non funziona o ci sono stati episodi di malcostume, non si cambia l’assetto dei poteri tra Stato centrale e sistema regionale. I cittadini alle elezioni valuteranno e penalizzeranno gli esponenti che si sono resi responsabili di episodi di corruzione.

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