Si torna in piazza il 30 gennaio. Per vincere non per testimoniare

family day 333Il 30 gennaio saremo di nuovo in piazza: sentiamo il bisogno di gridare al potere, alle istituzioni ed al paese intero che non possiamo cedere davanti a iniziative legislative capaci di minare l’architrave su cui poggia la società civile italiana ed occidentale: la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna. Abbiamo visto il fiorire di stagioni di benessere e sviluppo nel nostro paese (narrate benissimo, ad esempio, dal cinema neorealista) attraverso i volti dei più piccoli accuditi da madri e padri che, tra mille fatiche e difficoltà, riuscivano sempre a custodire un destino buono per i propri figli. Una narrazione di un’Italia e di un occidente che ha sempre riconosciuto come fatto evidente e solamente ‘riconoscibile’ e non definibile per legge (prova ne è la dicitura dell’art. 29 della Costituzione italiana) la famiglia fondata sul matrimonio tra un uomo ed una donna, che oggi viene messa in forte discussione non per ragioni dettate dal buon senso o da mutazioni sociali ma perché chi governa i destini del mondo, i soldi ed il potere, vedono nella famiglia un freno alla loro crescita. Pensate alla vicenda di Adriano Olivetti: un imprenditore visionario che destinava buona parte dei profitti aziendali per finanziare servizi sociali per i propri dipendenti (scuole, mense, asili, dopo lavoro, mostre, centri culturali…). Investimenti imponenti se letti solo attraverso gli indici del bilancio, capaci però di generare benessere diffuso, ma anche utili in continua crescita e ordini sempre in aumento. Una visione di bene comune perpetuata attraverso l’attività industriale capace di dare a tutti gli attori dell’azienda (dagli azionisti agli operai) quello che gli spettava in proporzione del proprio ruolo e del proprio impegno. Tutto questo era possibile perché Olivetti riconosceva il primato del soggetto famiglia rispetto all’impresa e preordinava gli utili in base a questo e non all’egoismo spregiudicato di chi vuole l’utile solo per incrementare i propri capitali. Porto questo esempio per chiarire un concetto decisivo: la storia cammina sulle gambe degli uomini e solo le azioni degli uomini, dettate dagli ideali a cui si ispirano e per cui si spendono, segnano un percorso od un altro.

Il grande dilemma odierno è l’assenza di figure disposte a mettere letteralmente in gioco la propria vita per un’ideale grande come la famiglia naturale. Troviamo davanti a noi uno Stato e degli imprenditori che vedono nello stravolgimento della famiglia (prova ne sono i miei recenti articoli sul business legato al mondo arcobaleno) l’opportunità di aumentare utili e guadagni. Ma per fare cosa e a che prezzo? Questa domanda non trova risposta. L’assenza di ragionevolezza e la prevalenza dell’aspetto finanziario nella vicenda unioni civili ed utero in affitto è stata ben descritta dal servizio riportato ieri sera dalla trasmissione Piazza Pulita: una mamma americana che si dice felice di poter portare in grembo il figlio di altri (una coppia same sex) e che ha ricevuto ben 27.000 dollari per questa prestazione. Il fatto più agghiacciante di tutto questo riguarda la serenità con cui afferma di aver partorito un figlio e di non sentire alcun legame con lui e di aver percepito una somma così significativa di danaro senza giustificarne il motivo (quindi confermando che l’utero in affitto non è una battaglia di civiltà ma un’operazione di puro business). Non voglio leggere questa vicenda in maniera bigotta o clericale ma mi pongo una questione: e quando quel bambino chiederà chi l’ha messo al mondo, chi è il suo vero papà e la sua vera mamma cosa succederà? Come potrà essere tutelato questo sacrosanto diritto del minore di poter essere a conoscenza della propria autentica parentela? Perché il punto è proprio questo.

Svelare la menzogna di questi falsi miti di progresso per affermare il primato del diritto del minore a conoscere chi sono i propri genitori. Non possiamo accettare che a prevalere siano i desideri delle coppie (eterosessuali o omosessuali che siamo) che vogliono avere un figlio ma non possono averlo perché la natura ha detto no. Questa è vera libertà, non quella di imporre per legge i desideri. Le leggi sono la sintesi di una convivenza civile non la legalizzazione del desiderio di una parte della società (per lo più estremamente minoritaria). Saremo quindi in piazza per difendere tutti i figli e il loro diritto a conoscere chi gli è madre e chi gli è padre, soprattutto quelli nati dalla gestioni per altri all’estero e che vivono con coppie di conviventi italiani. Saremo in tanti, tantissimi portando nel cuore lo spirito autentico di chi lotta per difendere la libertà, la verità e la giustizia. I regimi che nascono da potere e soldi possono essere sconfitti solo col grido forte e potente di chi è disposto a dare la vita per ciò in cui crede. Saremo quindi a piazza San Giovanni con lo spirito di Solidarnosc: come popolo laico con  il cuore ancorato alla grande madre Chiesa.

Mirko De Carli

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