BOLOGNA/De Carli: il nostro NO ai finanziamenti pubblici al festival dell’identità di genere a Bologna
Gender Bender 2015 apre i battenti a Bologna: sono previsti oltre 70 appuntamenti in 9 giorni di manifestazioni, 22 prime nazionali, 14 spettacoli, 25 film e documentari, 10 incontri con gli autori, 4 party, 2 esposizioni, laboratori per adolescenti nelle 16 diverse location del festival e progetti per l’infanzia. L’evento ‘invaderà’ letteralmente Bologna passando tra Cassero lgbt center, Cinema Lumière, Arena del sole, MAMbo, Teatri di vita, Teatro Testoni ragazzi, TPO, Librerie.coop Ambasciatori, Sala Cervi Cineteca di Bologna, Supermercato Coop di Piazza dei Martiri, Sì, Dom la cupola del Pilastro, Nosadella 2, Palazzo Marescotti, Piccolo teatro del Baraccano, Dynamo. Potete ben comprendere la vastità dell’evento dedicato alle ‘rappresentazioni del corpo e delle identità di genere e orientamento sessuale nella cultura e nelle arti contemporanee’. Il tutto si svolgerà dal 31 ottobre all’8 novembre 2015. Gender Bender dal 2015 è ufficialmente entrato all’interno del circuito dei festival internazionali di qualità scelti e consigliati dall’Europa (EFFE) e ha ottenuto anche l’appoggio del Ministero dei beni culturali, soprattutto per le iniziative inerenti la danza contemporanea. Capite bene che parliamo di un festival che mette come titolo l’identità di genere fa fatica ad avere tutti questi riconoscimenti se non interviene la politica ad offrirglieli. Sopratutto mi domando: ma non sono proprio quelli del Cassero e del mondo lgbt che dicono che il Gender non esiste e che noi agitiamo una bandiera falsa ed ipocrita? Va beh. Entriamo ora nel merito del festival per capire dove si vogliono veramente spingere gli organizzatori: per esempio ci sarà un dittico in prima nazionale de La Sagra della Primavera di Stravinsky che sarà proposto in due distinte riletture di genere (in questo caso tendono a soffermarsi alla rilettura solo per il genere maschile e femminile). Ci sarà anche la messa in scena della coreografa Waysbort dal titolo ‘Please me please’ con in scena solamente un giovane danzatore, il quale si traforerà da uomo a donna, da oggetto di desiderio a soggetto che desidera, da ballerina a pornostar. E già qui si svelano meglio le carte e si comincia a comprendere meglio la declinazione ‘Gender Bender’. Si passa poi alla declinazione del rapporto uomo-uomo con l’instantanea ‘Yellow Place’ e il lavoro dell’israeliano Sharabu dal titolo ‘Ours’. E poi avanti, ancora più dentro l’orizzonte gender, attraverso il format della coreografa Chiara Frigo sospeso tra la balera e lo speed date capace di creare una relazione tra ben tre generi e generazioni basata sullo scambio di memorie. Se fino ad ora mi sono soffermato sugli spettacoli, ora passo ad illustrare la sezione cinema. Partiamo dalla visione del film The law di Christian Faure che racconta la vita della ministra della salute francese Simone Veil e la sua battaglia per la legalizzazione dell’aborto, per passare al documentario Gardenia dove sono protagonisti un gruppo di amici anziani gay, transessuali e drag queen, per arrivare al documentario Mala mala promosso dalla comunità drag e trans. Non manca di certo anche l’attacco diretto alla Chiesa con Perfect Obedience di Luis Urquiza Mondragon che racconta la storia di padre Marcial Maciel Degollado, allontanato dal sacerdozio per pedofilia. Ma manca la ciliegina sulla torta: Gayby Baby, un documentario che narra i quattro anni di vita di quattro ragazzi e ragazze australiani, tutti cresciuti in famiglie omogentioriali. La sezione ‘Conversazioni’ è poi ricca di grandi nomi: Teresa De Sio, Michela Marzano, Nicla Vassalo (filosofa dell’università di Genova) e la poetessa Mariangela Gualtieri. Ci saranno anche party notturni come quello per halloween (immancabile ovviamente) ed esposizioni. Insomma la fiera del Gender finanziata con i soldi pubblici e promossa come un evento culturale a 360 gradi dalle istituzioni pubbliche. Menzogna più grande non si poteva raccontare. Ma passiamo ai soldi veri che le istituzioni pubbliche hanno messo a disposizione di Gender Bender: 25.000 € il comune di Bologna, 25.000 € il ministero dei beni culturali e 55.000 € la regione. L’oggetto vero dell’iniziativa (che non ha nulla di culturale) lo confermano il capo dell’area cultura del comune di bologna Francesca Bruni che chiarisce come ‘in questi 13 anni di esistenza l’iniziativa sia molto maturata, contribuendo a rendere rilevante il tema dell’identità di genere’ e l’assessore regionale alla cultura Mezzetti che osserva come ‘l’edizione di quest’anno cada in un momento delicato, in cui si nota una regressione culturale che mina il rispetto per le diversità che da sempre contraddistingue Bologna, dettata una minoranza rumorosa e che desta non poca preoccupazione’. Chiaro? Occorre quindi farci sentire e far capire ai bolognesi per bene che non permetteremo di lasciare la città in mano a quattro lobbisti che vogliono spacciarsi per fautori del progresso. Terremo il faro puntato su Gender Bender per dire al sindaco che non ci va bene che i soldi dei cittadini siano spesi per queste iniziative e per affermare che la storia di Bologna non ha nulla a che vedere con queste cose.
Mirko De Carli