LAVORO/ L’Italia non è Chernobyl
ILSUSSIDIARIO – Editoriale di Giorgio Vittadini – In Italia si trova oggi la più alta percentuale di inoccupazione giovanile tra i 15 e i 29 anni nell’Unione europea. Allo stesso tempo, nel 2014, le nuove aziende avviate da under 35 erano più del doppio di quelle aperte dagli over 35. Anche in questo campo, la crisi fa emergere una fortissima variabilità tra fenomeni.
Andando in giro per l’Italia, incontrando e parlando con tanti giovani, la maggior parte dei quali all’inizio del loro percorso lavorativo o semplicemente ancora alla ricerca, ho potuto riscontrare una differenza radicale tra due tipi di atteggiamento.
“Sono andato via dall’Italia perché mi sentivo come a Chernobyl, contagiato da radiazioni negative”, dice qualcuno, abbattuto dalla negatività che ammorba il mondo del lavoro. “Mi sto chiedendo: dove devo investire? Io vedo che anche qui ci sono possibilità, ma non so cosa decidere” dice un altro, esemplificando molto bene quanto tanti giovani oggi non sanno dire cosa desiderano davvero.
Ma c’è anche chi non si lascia spaventare dalle difficoltà: “Se uno sta a quello che gli capita e ci fa i conti, magari dopo il duecentesimo tentativo viene fuori quello che cercavi al primo”. O come dice bene un’altra ragazza: “Sta iniziando a diventare complicato ogni tentativo di entrare nella scuola ad insegnare. Durante l’università ho iniziato ad aiutare i figli dei miei amici a studiare con lezioni private d’inglese. Ora mi sto laureando, l’attività si è allargata al punto che sto pensando come strutturarla e farne un’attività lavorativa. L’incertezza non mi spaventa, ma mi stuzzica, mi fa percepire diverse possibilità, diverse porte aperte e percorribili”.
Lo sviluppo tecnologico, il conseguente evolversi dell’economia della conoscenza, insieme al processo di globalizzazione, hanno da tempo trasformato il lavoro in un percorso in continuo cambiamento in cui è fondamentale non smettere di imparare, aggiornarsi, essere tesi a cogliere i cambiamenti.
In questa situazione l’atteggiamento personale diventa fondamentale. E la differenza viene fatta dalla consapevolezza di dovere crescere in conoscenze e competenze, dalla determinazione nel diventare imprenditori di se stessi, dalla capacità di utilizzare anche i lavori più umili per crescere e imparare, dalla pazienza di non pretendere tutto e subito. Tutti i lavori contengono l’opportunità di capire sempre meglio chi si è e che risorse insospettabili si posseggono.
E’ giusto considerare tutti i dati di contesto, le difficoltà economiche da cui soprattutto dipende la mancanza di lavoro e impegnarsi seriamente per realizzare misure di policy che possano aiutare i giovani a trovare un lavoro, ma c’è un altro aspetto cruciale del problema troppo spesso dimenticato.
Come hanno fatto molti nostri emigrati che avendo accettato di ricominciare da quel che capitava, sono via via diventati capaci di diventare protagonisti del mercato del lavoro in paesi stranieri, o addirittura imprenditori di successo. Il fattore umano è quello che decide anche della dimensione professionale ed è utile ricordare che consiste nella capacità di guardare, leggere e accettare la realtà per scoprire in essa inaspettate piste di lavoro. Un “io” che non è statico, ma in rapporto con una realtà che cambia, la segue in base ai desideri che lo costituiscono, li riscopre sempre più profondamente. Un momento così difficile del mondo del lavoro, in modo paradossale, diventa una opportunità.