L’italica personalizzazione della politica

Puzzle-ItaliaFuturo Europa – contributo di Antonio Russo – A partire dagli ultimi decenni, con una forte accelerazione negli ultimi anni, assistiamo all’interno del dibattito politico ad una crescente centralità della figura del leader di partito a scapito del partito stesso. Il leader non è più il portavoce o il rappresentante più autorevole di una organizzazione partitica legata ad una precisa offerta ideologica, ma sembra piuttosto che i vari partiti siano strumenti e funzione della figura del leader; una sorta di cassa di risonanza e di necessità organizzativa per giungere fino agli elettori. Il leader che non è più solo qualcuno che propone alcuni valori o che li incarna, ma diventa egli stesso un valore.
Sullo sfondo della fine delle ideologie e delle visioni del mondo, l’elettore ha la tendenza a dare maggiore importanza, rispetto al passato, al giudizio che ha in merito al singolo leader, oltre e forse ancora di più, rispetto alle proposte del partito stesso o del bagaglio di valori di cui il partito cerca di esser interprete. Essendoci sempre maggiore prossimità ideologica tra i partiti, perlomeno rispetto ai tempi in cui ancora la “cortina di ferro” offriva una alternativa al sistema liberale e democratico, il sistema politico è costretto a dare maggiore importanza al “chi” rispetto al “cosa”.
L’importanza della personalizzazione è stata compresa in termini diversi dai vari gruppi politici: primo fra tutti fu Berlusconi che fece di Forza Italia a lungo poco più che il proprio comitato elettorale. Identicamente Bossi fu l’unica voce con la quale il partito del Nord si rivolgeva al proprio popolo elettorale fino almeno al cambio di leadership leghista. Casini tentò saggiamente di essere l’unica voce del polo moderato. Bertinotti riuscì a raccogliere più consenso rispetto a quello che era logico aspettarsi da “Rifondazione Comunista”.
L’ultimo attore ad aver interiorizzato l’importanza di questo fenomeno ed averne adattato la propria strategia è stato il blocco progressista. Il PDS, poi DS, poi PD per molto tempo ha avuto la tendenza a parlare a più di una voce; scelta che agli occhi dell’elettore spesso diventava semplicemente qualcosa di incoerente o incomprensibile.
La personalizzazione è anche facilitata ed incentivata dal cambiamento dell’elettorato e dall’evoluzione del sistema dei media. L’elettore è meno focalizzato e meno legato ad una precisa identità politica, più libero di ascoltare e ovviamente è più facile comprendere ed associare il proprio giudizio ad una persona piuttosto che ad una ideologia o un partito. I media, sempre alla ricerca di un elettore mano mano più distratto, preferiscono mostrare un volto piuttosto che perdersi ad approfondire posizioni ideologiche. Sono tendenze ormai assodate nel sistema politico e non ha senso contrastarle da parte degli elettori. Prenderne atto e elaborare strategie conseguenti è l’unica strada percorribile: il primo passo è avere un leader, chiaramente.
A Renzi va dato atto di esser quasi riuscito a far comprendere al PD l’importanza di parlare ad una voce, il modificare la propria strategia in funzione del fatto che l’elettore oggi intende valutare un leader e non necessariamente un partito. Questa è probabilmente la sua più grande vittoria sul versante interno, dato che il suo fronte è quello tradizionalmente restio a trarre le conseguenze derivanti dal nuovo contesto politico.
Tra le altre aree politiche vediamo che Salvini chiaramente sta tenendo conto di questa variabile vendendosi all’elettorato e cercando di ottenere una fiducia basata su di sé come politico e come uomo e tenendo in secondo piano il proprio partito: unico metodo plausibile per avere qualche possibilità di avere successo al sud per un uomo che è sostenuto dalla Lega Nord.
La mancanza di un vero leader riconosciuto è proprio l’ostacolo maggiore per le restanti aree politiche. I moderati e la “destra” non salviniana non hanno un leader chiaro e quindi non vengono percepite con chiarezza dall’elettore che, oggi, ha bisogno di una sola voce chiara per orientarsi nell’offerta politica. La mancanza di un leader è l’ostacolo primario da superare per qualunque attore politico e risolvere questa assenza è la conditio sine qua non perché oggi si possa essere soggetti e non oggetti nel sistema politico italiano.
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