Pensieri in vacanza
www.ilmensile.it – Superata l’emergenza greca con un accordo i cui benefici restano tutti da verificare, appare sempre più chiara l’indifferibilità del passaggio allo stato federale nel presupposto della generale rinuncia alle singole sovranità statali. Rinascere o perire: questo dilemma viene proposto dalle fonti più autorevoli; eppure il vecchio continente continua ad avvitarsi sotto la duplice morsa dell’austerità economica e delle resistenze nazionalistiche, due fattori che rappresentano l’esatto contrario di quello che occorre. La questione è più complessa di quanto possa apparire e non mancano le valutazioni di chi reputa il sogno europeo semplicemente impossibile, per non parlare delle posizioni di consistenti formazioni politiche e frange di opinione pubblica apertamente ostili alle attuali spinte unionistiche. In queste condizioni le prospettive sono incerte e fosche nuvole si addensano sul nostro futuro.
Lo stesso assetto istituzionale risente di una imbarazzante carenza di rappresentatività. L’unico soggetto di derivazione popolare attraverso libere elezioni è il parlamento europeo, i cui poteri però si arrestano sulla soglia degli altri organi di estrazione intergovernativa che detengono fermamente la titolarità decisionale effettiva. Se questo, semplificando al massimo, è il quadro complessivo, non c’è da stupirsi se in nome della efficienza vengano sacrificate le istanze democratiche anche se non v’è dichiarazione ufficiale che trascuri di enfatizzarle.
La voce dei popoli si esprime indirettamente nelle elezioni interne determinando maggioranze e governi sulla base dei programmi; il confronto tra i rappresentanti dei singoli paesi nelle sedi comunitarie farà il resto. Ma il dibattito rimane l’unica via di speranza, se non di salvezza, se giova a far maturare le idee. Nella stessa Germania, divenuta motore dell’Europa oltre che potenza aggiunta ai cinque membri permanenti del consiglio di sicurezza dell’Onu, si affacciano le critiche alla intransigenza dimostrata nelle ultime vicende e c’è anche chi ricorda onestamente come quello stesso paese non sarebbe uscito dalle sue gravi difficoltà se non fosse stato aiutato sulla via degli investimenti produttivi anziché su quella del rigore contabile che lo avrebbe soffocato.
Il pericolo maggiore che proprio la crisi greca ha messo a nudo è costituito dalla prevalenza delle impostazioni dirigistiche su quelle democratiche. Il discorso trova allarmanti riscontri nella situazione italiana, devastata da una abiura costituzionale che ha origini remote ma torna a manifestarsi con particolare virulenza. L’esecutivo si muove con un forte dinamismo che potrà anche produrre risultati apprezzabili, ma il costo della stabilità governativa è altissimo sul piano della credibilità delle istituzioni. Se non vi è nulla da eccepire sul piano formale, non può ignorarsi che su quello sostanziale si continua a percorrere una strada oscura e perversa dove nulla è più confortato dal crisma della legalità. Un parlamento eletto con un sistema contrario alla costituzione è chiamato a modificarla e a sconvolgere il delicato equilibrio tra i poteri che nel bicameralismo perfetto ha fin qui trovato il provvidenziale argine a più rovinosi sconvolgimenti; questo stesso parlamento, che ha eletto per due volte il capo dello stato e in altre occasioni alcuni componenti della consulta e del consiglio superiore della magistratura, interviene ora sui vertici della Rai che gestisce la informazione pubblica. Il terzo governo della nostra storia recente consecutivamente privo di investitura popolare incalza con ritmi martellanti nella costruzione di un sistema marcatamente autocratico e centralista, mortificando le autonomie locali e regionali che per parte loro hanno contribuito al proprio esautoramento con una condotta esecrabile di dilapidazione delle risorse spesso in aperta collusione con le forze peggiori del tessuto sociale.
In una estate torrida come non mai questi temi possono costituire spunti di riflessione per chi ne abbia ancora voglia. Ma francamente diviene irresistibile il desiderio di concedersi una vacanza, se non proprio nelle forme ottimali della tradizione, almeno nell’agitarsi dei pensieri più impegnativi. Una pausa in questo senso potrebbe frenare le insane frenesie riformistiche e indurre al rinvio di scelte più meditate alla prossima stagione autunnale.
Lillo S. Bruccoleri