REFERENDUM GRECIA/De Carli: ora l’Ue passi dall’economia politica alla politica economica

eu-206x140 (1)La Grecia conferma il proprio appoggio alla linea muscolare in Unione Europea del governo Tsipras. Ma il solco scavato dal referendum di domenica ha purtroppo inasprito ulteriormente i rapporti tra i leader europei. Ora l’Unione europea ha il dovere di lavorare per non far crollare l’architettura europea dopo che la Grecia ha dimostrato che l’unita’ continentale non è più procrastinabile solo attraverso la moneta unica. I contraccolpi finanziari odierni ne sono la conferma. Il rischio più alto che corriamo oggi è che ogni capo di governo europeo prenda spunto dal caso greco per ottenere consenso dal proprio popolo, sfruttando la crisi stagnante, per politiche nazionaliste e antieuro. Politiche pericolose e demagogiche che non risolverebbero di certo i problemi dell’Ue, ma che potrebbero portare a un lento ed inesorabile dissolvimento della comunità europea. Bisogna, oggi, avere il coraggio di dire che il voto di ieri può aver deciso le sorti della Grecia ma non quelle dell’Europa. Oggi cominciamo davvero a lavorare per il futuro dell’Ue. Ora cominciamo davvero a ricostruire un Ppe capace di politica economica e non economia politica. Occorre escludere altri casi Grecia, rassicurando così opinioni pubbliche, operatori economici e mercati finanziari. Basta dare adito e ossigeno agli slogan antieuro e pro lira o franco. Ritorniamo fattivamente allo spirito della dichiarazione di Mario Draghi quando intervenne sulla scena internazionale con il «a qualsiasi costo» il 26 luglio del 2012. Adesso tocca alla politica, alle capitali e alle istituzioni europee. In ultima istanza poi l’Ue non può più vivere della rendita di scelte coraggiose compiute da grandi statisti politici avvenute negli anni seguenti il secondo conflitto mondiale. Oggi l’Unione Europea ha il compito di rispondere alle paure e alle speranze delle proprie comunità, assicurando loro il futuro in un mondo globale.  Per questo vanno rese operative immediatamente formule di garanzia europea del debito sovrano dei singoli stati: i famosi #eurobonds. Va messa in pratica una politica d’immigrazione condivisa capace di contenimento ed allo stesso tempo di accoglienza per i soli profughi: alzando la testa, se necessario, nel Mediterraneo con azioni forti ma condivise a livello internazionale come il blocco navale davanti alla Libia. Ora concentriamo su quanto l’Europa può e deve fare per i suoi cittadini: e scopriremo quanto strumentale sia stato il referendum di ieri. Cambiamo l’Europa come i popoli europei chiedono. Veramente.

Mirko De Carli

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1 Comment

  1. Sono daccordo Mirko, credo che in questo frangente l’Europa sconti quanto sia stato sbagliato non mettere nel proprio Statuto le origini Cristiane della propria identità.
    Queste azioni devastanti nei confronti di alcuni Stati Membri più deboli sono dettate dall’Europa degli egoismi, della macanza di una chiara morale, della competizione a discapito della solidarietà tra i popoli, del mutuo soccorso e dell’aiuto del più forte nei confronti del più debole che ci insegna la Dottrina sociale della Chiesa.

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