Riforme, istituzioni e popolarismo. Il contributo di Giuseppe Gargani

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QUOTIDIANO DEL SUD – Lettera al direttore dell’On. Giuseppe Gargani – Caro direttore, ho riflettuto a lungo prima di scrivere ad un giornale che esprime l’Opinione del Sud dopo la votazione da parte del Senato della “riforma” del Senato stesso.

Dopo le esperienze di tanti anni in Parlamento il dubbio che ho avuto è se la mia indignazione derivasse dalla nostalgia delle tante battaglie combattute in quelle aule o da una razionale e serena valutazione dei problemi politici e istituzionali che si pongono dopo quella votazione. Nel riposo credo meritato della settimana di ferragosto, dopo aver letto tutti i commenti e le dichiarazioni trovo assolutamente bizzarro e inconcludente quello che è avvenuto e le tante dichiarazioni. La emotività e la suggestione hanno avuto assoluta prevalenza e hanno colpito costituzionalisti e uomini di cultura sempre votati all’opportunismo.

D’altra parte osservare la scena dei senatori che si abbracciano e si baciano come se avessero vinto lo scudetto ha dell’inverosimile perché certamente vittime di una sindrome autodistruttiva.

Ho pensato che persone come noi ispirate dal vecchio popolarismo non possono assistere inerti a questa rivoluzione che sta avvenendo, perché di rivoluzione si tratta, non come la intende il Presidente del Consiglio, ma come mutamento del rapporto politico all’interno delle Istituzioni e della società.

Renzi vuole azzerare la nostra tradizione e la nostra presenza perché se è sempre più ossessionato dalla volontà di sopprimere il Senato e di approvare una legge elettorale, questa sì di gran lunga più truffaldina della precedente, vuol dire che non ha una idea del nuovo assetto istituzionale o ha una idea distorta e pericolosa.

Il disegno che Renzi vuol perseguire, se di disegno si tratta, è estraneo alla nostra cultura e alle caratteristiche del nostro paese e allora dobbiamo porci una domanda fondamentale se non vogliamo non solo essere marginali, ma anche essere ricordati per quelli che non hanno capito, o hanno accettato supinamente tutto.

La consistente anomalia è costituita dalla presenza determinante del Governo come ispiratore del disegno di legge costituzionale: una anomalia di metodo ma che è di sostanza. E’ stato un errore consentire che il Consiglio dei Ministri approvasse un disegno di legge costituzionale e su quello non potendo in assemblea mettere la fiducia, il Presidente del Consiglio ha trattato da solo le modifiche come se fossero cose sue personali, per ottenere una fiducia personale.

La settimana scorsa il Governo si è rifiutato di fare una proposta per regolare la fecondazione eterologa necessaria per un problema di grande rilevanza, sul quale forse per la prima volta poteva essere giustificato, per l’urgenza, un decreto legge; e invece ha legato la vita del Governo ad una riforma costituzionale che non è “materia” governativa. La fecondazione non è un problema sul quale si può fare demagogia!

Non è il caso di scomodare termini che per noi hanno un significato patologico, come la parola “dittatura”, ma ci avviamo certamente ad un sistema di autarchia dove manca la collegialità a qualunque livello.

I partiti che sostanzialmente sostengono il Presidente del Consiglio più che il Governo cioè Forza Italia, a cui si è aggiunto di fatto il Movimento Cinque Stelle, non hanno niente da perdere perché non debbono difendere una storia ma solo interessi particolari, e per questi interessi ha avuto successo il blitz al Senato.

Ma i partiti di centro? Siamo non determinanti ma rappresentiamo una storia e dovremmo difenderla.

Allora per essere noi stessi, non possiamo continuare a partecipare ad un governo che non si qualifica e non fa riferimento alla politica, ai partiti. Questo non è un governo delle larghe intese né delle piccole intese e non è un governo che tutela le ragioni per cui ci siamo impegnati in politica. Siamo di fronte ad un metodo diverso: il Governo è un esecutivo che vuol modificare se stesso e il sistema, e che vuol invadere tutta la scena: vuol stabilire il calendario dei lavori del Senato, vuol stabilire la data delle elezioni e minaccia appunto i senatori se non votano o se solo ritardano il voto. E’ il Presidente del Consiglio l’unico propugnatore delle riforme tant’è che la frase ricorrente è: “Faccio io le riforme!”.

Ma come è possibile che al Senato tutti siano stati sottomessi e senza iniziative se non quella dell’ostruzionismo parlamentare che pure è uno strumento di libertà, che il Presidente del Senato, che pure si è occupato nella precedente vita di cose delicate e difficili, sia stato senza una doverosa autonomia e determinazione?!

Se il Ministro Boschi non si rende conto che la riforma del Senato, così come proposta, sconvolge il quadro istituzionale, è un problema suo personale. Le riforme costituzionali e le riforme elettorali sono materia sulle quali si debbono esprimere le Assemblee parlamentari dove c’è una maggioranza e una minoranza, mentre il Governo risponde a logiche diverse essendo espressione della sola maggioranza. Il Governo deve tendere, e giustamente, a garantire la sua esistenza e la sua posizione e dunque la vera anomalia a cui assistiamo è la ingerenza del Governo nella riforma costituzionale e nella legge elettorale: una cosa mai avvenuta nella storia della Repubblica.

Non si può fare una modifica di un pezzo della Costituzione, senza avere una visione d’insieme, una idea di quale Stato vogliamo, quale equilibrio dei poteri sia necessario.

Se si vuole rafforzare il potere (non il ruolo) del Governo che era l’aspirazione massima dell’on. Berlusconi, modificando l’art. 72 della Costituzione, nel senso di imporre l’approvazione di un provvedimento legislativo negando il potere di emendamento da parte del Parlamento, vuol dire che la riforma è strumentale solo per ottenere questo risultato senza un coordinamento con gli al-tri poteri.

Ho sempre sostenuto che pur essendo patito del sistema proporzionale e della rappresentanza parlamentare, possiamo scegliere, se dobbiamo assolutamente “cambiare”, anche un sistema di Repubblica presidenziale o semipresidenziale purché vi sia una armonia e una logica nel nuovo disegno.

La cultura giuridica e costituzionale di questo travagliato Paese deve riflettere di questi problemi e far sentire la sua voce, i partiti di tradizione democratica e popolare debbono impedire che si alteri l’equilibrio istituzionale.

Si comincia con un deficit di democrazia…!

 

Giuseppe Gargani

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