Roma: Stadio, area sbagliata. “Che almeno il Pd si sbrighi a capire”. Il contributo di Lucio D’Ubaldo

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AFFARITALIANI.IT, Roma – L’area di Tor di Valle è sbagliata. In vista delle decisioni della Giunta capitolina, impegnata ad approvare le specifiche delibere nella seduta già fissata per il 4 settembre, cresce la polemica attorno al nuovo stadio della Roma. Anche se l’opinione pubblica è favorevole, perché l’elemento sportivo legato al calcio rappresenta il vero tessuto connettivo popolare della città, emerge più di un dubbio sull’operazione voluta dal club giallorosso.

Non si riesce a stabilire, in modo chiaro e convincente, il senso di questo intervento così complesso, per altro in un’area che non prevede pesi urbanistici di tale consistenza. In ogni caso, il dissenso non nasce solo dalle obiezioni espresse dal mondo dell’ambientalismo.

A Marino urge chiudere in fretta, pensando evidentemente che quella dello stadio sia la bandiera giusta del suo riscatto morale e politico dopo l’esangue prova fornita nei primi 15 mesi di sua amministrazione. È andato persino a New York, sfidando le buone regole del protocollo. Mai prima d’ora s’era visto un Sindaco di Roma, forte del prestigio assicurato dalla carica, che invece di ricevere e ascoltare quanti hanno idee e progetti per la città, sceglie d’incontrare i “portatori d’interesse” fuori dal Campidoglio, ma più ancora fuori dai confini cittadini e nazionali, in una sede non istituzionale. Basterebbe questo a gettare discredito sull’intera operazione.

Viabilità, trasporti e sicurezza sono i nodi più complicati. È altamente probabile, nel merito, che i costi del progetto siano destinati a lievitare, e non di poco. Solo la riorganizzazione della linea metropolitana lascia supporre che i 50 milioni previsti dagli ultimi accordi non coprano le esigenze di domani, quando sarà chiaro, ad esempio, che sistemare un tratto di binari e adeguare una stazione significherà mettere poco più che una bella toppa su un tessuto fin troppo logoro.

Marino fa intendere però che le difficoltà – quali che siano – possano sfumare dinanzi al valore di un’opera così importante per lo sviluppo e la crescita della città. Eppure nel programma elettorale, come pure nelle dichiarazioni rese al consiglio comunale all’inizio del mandato amministrativo, non si rintraccia nulla che abbia a che vedere con una tale, presunta valenza del progetto. Cos’è cambiato in poco tempo? E perché? Un’opera strategica, se tale è, non la si nasconde agli elettori: semmai, come impegno programmatico, costituisce il biglietto da visita che un candidato sindaco può esibire con orgoglio. Marino non lo ha fatto.

In verità lo stadio andrebbe costruito su un’altra area, possibilmente nel quadrante orientale della città e con l’utilizzo di terreni di proprietà pubblica. Se proprio si deve rimettere mano al Piano regolatore, per il quale a Tor di Valle valgono cubature e destinazione urbanistica non in linea con le ambizioni di Pallotta, si potrebbe oculatamente rivedere la conformazione e lo sfruttamento dei cosiddetti punti verdi qualità, laddove possano offrire, come ipotizzato da qualcuno, una risposta equilibrata e razionale. In ogni caso, a dispetto di una versione molto sbrigativa, non mancano le alternative.

Proprio nell’interesse della città sarebbe dunque auspicabile che il Consiglio comunale, in questi giorni, bloccasse un’iniziativa concepita nel modo sbagliato e portata avanti nel modo ancor più sbagliato, pur nel tentativo, in sé lodevole, di dare riscontro al sogno dei tifosi romanisti. Il problema non è lo stadio, ma ciò che ne dovrebbe assicurare la validità sotto il profilo della coerenza e della sostenibilità urbanistico-ambientale.

Marino lo deve comprendere, perché l’ombra di una decisione improvvida incombe sul suo tormentato percorso di sindaco. Altrimenti, lo comprenda il Partito democratico.

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