SENTENZA CORTE EUROPEA/De Carli: come italiani il dovere di resistere
La Corte europea dei diritti ha sentenziato: l’italia deve introdurre il riconoscimento legale per le coppie dello stesso. Una sentenza, quella di Strasburgo, che ha origine dalla richiesta di giudizio avanzata da tre coppie di omosessuali guidate da Enrico Oliari(Presidente di Gaylib – associazione nazionale dei gay liberali e di centrodestra) nell’azione di ricorso contro l’impossibilità di vedersi riconosciuta in Italia la loro unione. Queste coppie convivono regolarmente a Torino, Misano e Milano e da tempo hanno avanzato richiesta alle amministrazioni comunali delle località dove risiedono di procedere, come una coppia eterosessuale, alle pubblicazioni nuziali e alla celebrazione del matrimonio. La riposta pervenuta loro è stata sempre negativa. La Corte di Strasburgo, analizzando questi fatti, ha dichiarato che ‘la tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile’. Con quanto detto la Corte propone ‘un’unione civile o una partnership registrata’ la quale ‘sarebbe il modo più adeguato per riconoscere legalmente le coppie dello stesso sesso’. Ad una prima analisi della sentenza si conferma l’intenzione, da parte delle istituzioni europee, di intervenire ‘a gamba tesa’ nel dibattito italiano sulla discussione del disegno di legge che prevede l’introduzione delle unioni civili per coppie omosessuali equiparate all’istituto del matrimonio previsto in Costituzione. In questo senso va anche letta la condanna dell’Italia, in quanto ritenuta responsabile della violazione dell’articolo 8 della Convenzione dei diritti dell’uomo (‘diritto al rispetto della vita familiare e privata’), a versare a tutte le tre coppie presenti in giudizio 5.000 euro per danni morali. Questa ‘invasione di campo’ l’abbiamo già vista anche durante il dibattito accesso sulla presenza del Crocifisso nelle aule scolastiche: confronto vinto attraverso una grande mobilitazione che ribaltò il giudizio in appello. Occorre quindi sollecitare il governo affinché, entro i sei mesi di tempo che passano prima dei quali non può essere dichiarata definitiva la sentenza, richieda ed ottenga un rinvio alla Grande Camera per un nuovo esame della tematiche. Come vedete gli attacchi vengono sferrati da più fronti: occorre quindi essere permanentemente sentinelle che vigilano e si mobilitano per difendere ciò che hanno di più caro. Risulta necessario quindi allargare l’azione di monitoraggio e pressing costante sul fronte della commissione giustizia del senato anche alle aule istituzionali di Strasburgo affinché i parlamentari italiani a Bruxelles facciano pressing sul governo italiano per non consentire alla Corte di Strasburgo di decidere senza richiedere il parere del popolo italiano che è, ancora, sovrano. Siamo un paese che non ha ancora visto le nefaste conseguenze di legislazioni, già operanti nel nord Europa, pro gender e per queste ragioni dobbiamo evitare che assist europei rafforzino posizioni deboli e minoritarie in Italia. Niente contro i diritti soggettivi (già disciplinati ed eventualmente da estendere per alcune categorie non presenti) regolamentati all’interno del Codice Civile, ma non andiamo a scardinare l’impianto costituzionale che vede nel matrimonio tra un uomo ed una donna uno dei suoi perni fondanti.
23 Luglio 2015
La Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (abbreviata in CEDU[1] o Corte EDU) è un organo giurisdizionale internazionale, istituito nel 1959[2] dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU) del 1950, per assicurarne l’applicazione ed il rispetto. Vi aderiscono quindi tutti i 47 membri del Consiglio d’Europa.
Sebbene abbia sede a Strasburgo, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo non è un’istituzione che fa parte dell’Unione europea; non dev’essere confusa con la Corte di giustizia dell’Unione europea con sede in Lussemburgo, istituzione effettiva dell’Unione europea.