Senza leader i 5 stelle dove andranno a finire?
Vi ricordate i famosi Vaffa Day? Cominciò così ad intrufolarsi la cosiddetta antipolitica all’interno del dibattito nostrano infarinato quotidianamente dalle solite logiche stanche della seconda repubblica (pro o contro Berlusconi). Grillo, artefice di questo miracolo politico, intuì durante le sue tournée dei primi anni duemila quanto si fosse sfilacciato il legame tra istituzioni e cittadini: a causa di leggi elettorali sempre più pro casta, di riforme inconcludenti e di numerose vicende dominate da sconfinati conflitti di interesse il comico genovese realizzò quanto malessere stava crescendo nella pancia degli italiani.
Partì con gli scandali Parmalat, Telecom e con tutta l’enorme vicenda dell’ecosostenibilità del progresso industriale contemporaneo. A molti sembrava un alieno, bravissimo a suscitare entusiasmo nelle piazze ma inconsistente nell’elaborazione di soluzioni concrete e praticabili. Tanti pensavano ad un fuoco di paglia e si sbagliarono: Grillo comprese perfettamente il nostro tempo ed il fatto che si erano definitivamente sfaldate le ideologie della prima repubblica figlie del muro di Berlino e che oggi il consenso lo si poteva costruire solo attraverso la dinamica da ‘ultras’ da stadio.
Mi spiego meglio: come ha vinto Berlusconi nel 1994? Ha messo in commercio un’idea vincente, ha soffiato sulle paure e le insicurezze degli elettori del penta-partito ed ha reso avvicinabile anche ai più poveri la possibilità di coltivare un ‘sogno’. Ha creato un popolo innamorato dell’immagine del leader che ancora oggi, dopo più di vent’anni e in misura decisamente ridotta, è disposto a votare Forza Italia solo perché si identifica con la storia e la persona di Silvio Berlusconi.
Berlusconi ha parlato di sogno in un momento storico segnato dalle grandi sfide europee e caratterizzato da una crescita economica (seconda metà anni novanta) capace di alimentare speranza negli italiani. Grillo invece si è trovato in anni più bui dove la crisi economica avanzava, la fiducia cominciava a scarseggiare e le delusioni per le promesse non mantenute dai partiti della seconda repubblica cominciava a farsi sentire cocentemente.
Cosa migliore da fare? Cavalcare l’onda del malcontento popolare, proporre la ‘decsrescita felice’ e trovare il nemico perfetto: la politica dei partiti. Da contrapporre ai cittadini. La nuova mani pulite in salsa ecologista, in quanto Grillo (affiancato intelligentemente da Casaleggio) comprese quanto fosse fondamentale poggiare ogni sua riflessione sul tema della ecosostenibilità, molto forte nell’opinione pubblica dei più giovani.
Qui nasce l’esigenza di cambiare il linguaggio della politica con il famoso ‘vaffanculo’: diretto, efficace e immediato quanto il sogno di berlusconiana memoria. E ciò che appariva agli occhi di molti come qualunquismo o antipolitica divenne immediatamente la nuova politica: cittadini e non onorevoli. Comprendete bene la differenza: non più un rapporto verticale (partito-cittadini nella prima repubblica e leader-cittadini nella seconda repubblica) tra istituzioni ed elettorato ma un rapporto orizzontale capace di recuperare la distanza accumulata negli anni.
Badate bene che questi pochi fattori, comunicati con efficacia, hanno creato un popolo che si è letteralmente bevuto la balla della democrazia diretta e si è prostrato tout cour al nuovo leader Beppe Grillo, il quale è riuscito a replicare il miracolo berlusconiano (superandolo nei consensi elettorali) ma in tempi storici completamente diversi. Epica risulta l’immagine dell’apriscatole alla Camera dei Deputati nella prima legislatura pentastellata.
Con l’ingresso in Parlamento però è saltato quel filtro rappresentato plasticamente dal palcoscenico: elettori in piazza e Grillo sul palco. Solo lui però con il microfono in mano. Voce unica del movimento. Sono cominciati gli interventi di persone elette in parlamento attraverso le primarie grilline alle quali ottennero solo una manciata di voti e che cominciarono a dissentire col leader. Il virus della democrazia reale cominciò ad entrare nel meccanismo apparentemente perfetto del Movimento 5 stelle.
Da quella famosa frase di Enrico Letta dove invitò i grillini ad uscire dal mondo virtuale e a ‘scongelare’ il loro numeri parlamentari di vicende ne sono successe diverse e il battesimo del fuoco lo hanno passato con il diniego al super canguro sul ddl Cirinnà bis. Prova ne è che, prima di questo voto, lo storico leader ancora una volta in piena sintonia con i tempi che cambiano, ha deciso di togliere il proprio nome dal movimento e di dare libertà d’azione (apparente visto che il grande manovratore Casaleggio imperversa ancora incontrastato) ai due giovani virgulti: Di Maio e Di Battista.
Il comico genovese sa benissimo che il rapporto leader-popolo ogni tanto va rinsaldato e opportunamente ha deciso di partire per una tournée come ai vecchi tempi, dove tenterà di ridettare la linea dall’esterno del movimento. E i due nuovi leader cercheranno di tenere saldo il consenso accumulato in questi anni. Ogni ambizione, al momento giusto, vedrete sarà sagacemente isolata.
Col voto contrario al super canguro, come ho anticipato prima, i 5 stelle invece hanno mosso le prime pedine sullo scacchiere parlamentare, dopo averle già spostate con il diniego alla tagliola sugli emendamenti alla riforma Boschi. Non sono contrari alle unioni civili o alla step childadoption: non cadiamo nel tranello giornalistico venduto abilmente da Grillo e Casaleggio. Hanno voluto mettere in evidenza le debolezze ed insufficienze del Pd renziano cercando di usarle a loro vantaggio. Hanno messo in atto una strategia politica, strettamente connessa con i principi ispiratori del movimento: contro la casta e per una democrazia viva (opportunisticamente parlando) nelle istituzioni.
In questo senso hanno percepito quanto il paese non tollerasse le tagliole e si sono fatti paladini della lotta contro il bavaglio renziano. Prova ne sono i sondaggi che danno i 5 stelle in aumento e il Pd in discesa dopo questa vicenda. Questo però deve esserci di grande lezione: occorre una visione e una strategia per vincere le battaglie che si intraprendono. Noi cattolici ce la abbiamo? Davanti alla sfida epocale delle unioni civili dobbiamo comprendere che sono in gioco due questioni di valore assoluto: la possibilità della rilevanza fattuale ritrovata dei cattolici in Italia ed in Europa e l’apertura di un possibile cantiere di un movimento politico di stampo cattolico capace di mettere in crisi la politica berlusconiana 2.0 di Renzi. Ne siamo consapevoli? Sopratutto ne sono consapevoli i cattolici in parlamento?
Il Circo Massimo ha dato consistenza a questa tesi, sia sotto il profilo dei numeri che sotto il piano dei contenuti. Occorre quindi strategicamente cogliere la palla al balzo: il nostro dodgeball deve essere l’unità dei cattolici in parlamento per affossare il ddl Cirinnà bis, partendo dalla contrarietà alla step childadoption. Visto che Cirinnà e soci ritengono non votabile un testo modificato occorre cambiarlo radicalmente coi voti sugli emendamenti e farlo ritirare dagli stessi proponenti. A quel punto, forgiati dalla vittoria parlamentare, ci vorrà il coraggio di evidenziare al paese intero le ambiguità di un partito democratico e di un centro-destra made in Berlusconi non idoneo a garantire rappresentatività al mondo cattolico. E dovremo lanciare il cantiere dei cattolici italiani in politica. I tempi sono maturi ed occorre avere audacia ed intelligenza nel sapere leggere la realtà per guidarne i processi e non subirli. Dopo che per anni, passivamente, li abbiamo visti passare sopra di noi ora la nostra generazione di laici cristiani impegnati in politica ha il dovere di offrire agli italiani un vero ed autentico movimento popolare.
Mirko De Carli