Dall’afro-pessimismo alla nuova alleanza euro-africana

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Europa Quotidiano,  Roma- 3 Apr.

Dopo il summit a Bruxelles, l’Italia può esprimere un ruolo particolare, ma deve sceglierlo

Il summit afro-europeo di Bruxelles è un fatto. Nuovo. 30 capi di stato, metà africani e metà europei. Per l’Italia Renzi e Mogherini, con un lavoro che rilancia l’iniziativa Italia-Africa costruita dall’ultimo governo. Al centro un nuovo quinquennio di investimenti, venti miliardi all’anno, quasi la metà di quello che arriva al continente africano. E le crisi che ancora attraversano il continente: pandemie, ma anche, urgente, il Centrafrica.

Significativa la decisione di inviare un contingente europeo di 1000 militari, per rafforzare il lavoro per fermare i massacri nella capitale Bangui. “Europei” accanto alle forze francesi e africane che sono già impegnate, per dare chance al “Patto Repubblicano” costruito all’inizio di settembre a Roma: una via d’uscita all’escalation di brutalità e di guerra incivile, recepita nella road map Onu che ha deciso l’intervento, in una situazione in cui – avvertono le Nazioni Unite – 19 mila musulmani rischiano il massacro.

Il summit di Bruxelles è in controtendenza rispetto al disimpegno e all’arretramento europeo di fine secolo e del primo decennio di quello in corso.

Rispetto all’afro-pessimismo. Due Afriche: Africa difficile e nuova Africa. Da un decennio in credito del 5 per cento all’anno, 6 per cento nel prossimo quinquennio. Due miliardi di persone nel 2050, in prospettiva il nuovo mercato più grande del mondo. Africa difficile, a lungo considerata troppo complicata: troppe guerre, troppe malattie, troppo poca società civile e troppo poco Stato, troppa corruzione, troppo poche infrastrutture, troppa precarietà, troppa fatica a portare avanti progetti di lungo periodo in quadri incerti.

In qualche caso più facile considerarla, dopo la stagione in cui sembrava parte del patrimonio di famiglia, una nuova “terra incognita”, quelle zone nere sulle antiche carte geografiche, mai esplorate e sconosciute, senza le quali il mondo – e l’Europa – possono vivere lo stesso. Il disimpegno è stato simmetrico alla crescita del senso orgoglioso dell’“africanità”. Più della negritudine, lo slogan dell’Africa agli africani è diventato politiche e abitudini mentali.

E alibi. Surreale nella versione del moderno Mbeki e del nuovo Sudafrica che ha negato l’esistenza dell’Aids come una «invenzione neo-colonialista» e come diversivo per distrarre dalla lotta alla povertà: fino al terribile risultato di combattere l’Aids non con la terapia ma con la frutta, con le banane, nel paese più sviluppato del continente. Nel rispetto e, alla fine nell’accettazione di milioni di vittime in più, da parte dell’Europa e dell’Occidente.

Per questo il summit di Bruxelles ha una importanza superiore alle decisioni che possono essere prese. Eurafrica che torna? Dopo lustri di exit strategy occidentale, americana ed europea seguiti alla fine della Guerra fredda, una fase nuova.

Il Centrafrica è un banco di prova perché può essere un altro degli stati africani che implode per assenza di Stato e di sicurezza: solo negli ultimi dieci giorni altri 16 nuovi profughi, forse, oggi, un milione. Le vittime sono già oltre 1000, paese “senza Stato” anche se è in corso una mediazione innovativa che unisce l’esperienza sudafricana della commissione della verità e del perdono e il coinvolgimento delle comunità religiose nel dialogo e nella riconciliazione.

Oltre le crisi c’è la sfida di un nuovo partenariato europeo. L’Italia è nella condizione di esprimere un ruolo particolare, ma deve sceglierlo. Cresce l’investimento economico francese, anche se la Francia è nelle stesse difficoltà finanziarie dell’Italia. Da tempo cresce quello inglese. Non solo la Cina, ma Turchia, Brasile, Corea, Malaysia sono già nuovi attori. Il continente africano ha ancora un’economia fondata su petrolio e materie prime e una crescita senza occupazione, con disoccupazione al 47 per cento e un’agricoltura senza tecnologia.

Manifattura, trasformazione, agricoltura innovativa e compatibile, infrastrutture, telecomunicazioni, credito e turismo sono settori del futuro euro-africano, ma soprattutto italo-africano. Per questo occorre una nuova fase. Anche culturale. Di amicizia. Passa anche per la nascita di una fondazione pubblico-privata Italia-Africa, capace di creare ponti.

Author: admin

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