EDITORIALI/ La trappola dell’Isis

Ambasciata Italia ai connazionali, lasciate la Libia

 

FUTURO EUROPA – Contributo di Potito Salatto – In Italia, ma anche nell’opinione pubblica europea, si discute quotidianamente e giustamente della Libia, dell’Isis e delle conseguenze pericolose dell’azione del Califfato.

La domanda ricorrente è: intervenire militarmente o no? Non c’è dubbio che guardando le orribili immagini di decapitazioni che ci giungono, la reazione emotiva ci spinga a dire basta e a promuovere un massiccio intervento armato. Ma ciò significherebbe cadere nella trappola orchestrata dall’Isis contro noi occidentali: aumentare i suoi consensi nel mondo musulmano apparendo vittima di un’aggressione di natura religiosa paragonabile alle Crociate.

Ciò che avviene sui territori occupati o che lo Stato islamico vorrebbe occupare è solo una guerra civile, come sempre spietata, per la conquista di un potere assoluto gestito con la forza del terrore. Finalmente Paesi come la Giordania e l’Egitto hanno capito il senso finale dell’obiettivo e hanno reagito in autonomia. Credo che sia tempo per altre nazioni, per esempio la Turchia e l’Iran, di comprendere la necessità improrogabile di una loro presa di posizione chiara e inequivocabile contro il progetto egemonico del cosiddetto Califfato per evitare che, prima o poi, l’ondata travolga anche le loro popolazioni.

Noi occidentali, e l’Europa in particolare, dobbiamo esercitare ogni forma di pressione diplomatica volta ad arginare questa visione espansionistica intervenendo energicamente con sostegni politici ed economici nei confronti dei Paesi musulmani avversari dell’Isis. Un intervento che freni anche l’incontenibile flusso migratorio che proviene dalle sponde africane e dalla Libia in particolare, distruggendo i barconi e i natanti nelle basi di provenienza così come fu fatto in Albania al momento del massimo afflusso migratorio da quel Paese.

Tutto ciò lo deve soprattutto l’Italia per la sua collocazione geopolitica nel Mediterraneo, per i suoi interessi economici presenti nel Nord Africa, per evitare tensioni sociali nelle nostre città con gli immigrati. La cultura dell’integrazione a noi cara richiede regole precise senza le quali la confusione e la crisi identitaria della civiltà occidentale già gravata dalla crisi economica rischiano di metterci inevitabilmente in ginocchio.

Saggezza e fermezza dunque da parte di tutti noi per non ripetere errori del passato per i quali stiamo ancora oggi pagando le conseguenze.

 

©Futuro Europa®

 

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