LA CROCE/intervista a Mario Mauro
Tra qualche giorno riprendono i lavori parlamentari e tornerà a far discutere, come durante tutta l’estate ha animato le testate dei maggiori quotidiani italiani, il dibattito sulle unioni civili. Oltre a questo il governo Renzi ha davanti a sé sfide importanti che riguardano il paese intero: ne parliamo con Mario Mauro, Presidente dei Popolari per l’Italia, che prepara un autunno di forte impegno a Roma e in tutt’Italia per contrastare la deriva populista e ideologica che sembra essere sempre più dominante.
L’8 settembre riprende l’attività parlamentare: quali sono i fronti caldi su cui, come Senato, sarete subito impegnati?
Su tutto prevale il tema della riforma costituzionale: ci tengo a dire che sarebbe ora, perché fino ad ora il tema della riforma costituzionale è stato volutamente reso marginale dalla strategia del Presidente del consiglio che ha insistito nel lasciar credere all’opinione pubblica che il problema della riforma del senato si limitasse al pagamento o meno dello stipendio dei senatori. In realtà stiamo parlando di una modifica di 68 articoli della Costituzione italiana per i quali non si è voluta convocare un’assemblea costituente, sui quali in modo del tutto inusitato si è voluto procedere con un disegno di legge governativo e che disegna uno scenario dell’Italia dove c’è un oggettivo trasferimento dei poteri a vantaggio del Presidente del consiglio nei confronti delle altre istituzioni senza varare i necessari contrappesi. Avremo quindi uno scenario politico in cui il potere esecutivo esorbita rispetto al potere legislativo e rende molto ambiguo il rapporto con il potere giudiziario. Tenuto conto che questa riforma si sposa con la riforma della legge elettorale, l’Italicum, che produce un effetto parimenti problematico in termini di democrazia. Questo perché mai con così pochi voti è stato possibile dare il potere a così poche persone.
Renzi ha dichiarato più volte che le unioni civili si faranno entro dicembre. Ncd, per voce dei suoi massimi esponenti, ha detto che così com’è il ddl Cirinnà non lo votano… Senatore ci può spiegare a che gioco stanno giocando?
Renzi ha bisogno di fare qualcosa di sinistra, quindi la legge sulle unioni civili gli serve per dire che lui è di sinistra, pur nel momento in cui marchia la sua guida del Pd in un modo che molti osservatori non esitano a definire ‘berlusconiano’. In realtà per Renzi queste tematiche legate ai diritti costituiscono un’occasione retorica e non di progresso civile della società. Lo dico perché Renzi da tempo sta usando questa strategia: quando c’è un problema grande lui rilancia annunciando una mirabolante riforma. Lo si è visto ieri quando, di fronte all’ennesima tragedia del mediterraneo, è entrato in campo sul Corriere della Sera promettendo il diritto d’asilo europeo. È appunto una strategia tipica di quelle squadre di calcio che, temendo di subire il gol, continuano a buttare la palla in tribuna. Allo stesso tempo questa discussione sui diritti civili serve al Nuovo Centro Destra per mantenere un profilo identitario rispetto al proprio elettorato. Io credo che ci si appresti da ambo le parti a cedere con fermezza, nel senso che avremo una norma identica in tutto e per tutto all’attuale del Cirinnà sulle quali verrà fatto il distinguo relativo alla step child adoption nonché sulle adozioni, non tenendo conto di ciò che nella giurisprudenza è già consolidato: ovvero che nel momento in cui verrano riconosciute le unioni civili non si potrà negare nessun diritto ai contraenti di questo tipo di legame. E non penso solo a quelli già più volte citati ma pensi sopratutto al diritto di cittadinanza: se io contraggo l’unione civile ho diritto alla cittadinanza italiana come se avessi contratto matrimonio? In questo caso teniamo presente che non aspettano altro decine di migliaia di badanti che potrebbero trovare un accordo con gli anziani, anche dello stesso sesso, che le ospitano pur di arrivare all’agognato riconoscimento della cittadinanza.
Lo stesso premier cerca il baratto tra unioni civili e soldi alle famiglie con figli. Come quotidiano La Croce abbiamo ribadito il nostro no a gran forza pur ribadendo l’urgenza di interventi a favore delle famiglie italiane: ci può spiegare quali interventi per la famiglia farebbe se fosse al governo?
La verità è che tutti gli interventi devono concentrarsi sul fatto che devono essere fatti. La curva demografica non ammette discussioni: le condizioni di crescita dell’Italia sono penose, quindi tutto ciò che dal punto di vista dell’incentivazione fiscale e della detrazione fiscale e di un vero e proprio bonus perché venga premiato il fatto di fare figli deve essere considerato in questo momento non tanto parte di una strategia d’altri tempi, quanto piuttosto la più impellente necessità per il sistema del nostro paese. Un sistema che se vuole mantenere un livello adeguato di welfare non può diventare come oggi già è una società per soli vecchi.
Da qualche giorno si parla di una nuova mobilitazione contro il ddl Cirinnà: come vede questa possibilità e come partito che posizione prendereste?
Non c’è bisogno di discutere la posizione come partito e descrive bene la nostra presenza alla manifestazione del 20 giugno il nostro feeling rispetto alle sigle che hanno proposto quella priorità più che una protesta: perché di questo si è trattato, ovvero ridire alla società italiana che solo attraverso la prosperità delle famiglie ci sarà possibilità economica e diritti anche per tutti gli altri. La verità è che invece se noi oggi mettiamo sullo stesso piano la presenza dei cattolici in politica intesa come presenza nei palazzi e la presenza dei cattolici in piazza, ce ne sono molte più in questi ultimi che nei primi: io spero che da questo contesto, che esprime una nuova consapevolezza, venga fuori anche una nuova classe dirigente.
Una curiosità: in molti dicono che i cattolici, dopo la presenza di Renzi al meeting, si getteranno in massa a votarlo, visto che l’alternativa sono Grillo o Salvini. Lei cosa ne pensa?
Che è un problema serio. Intanto i cattolici italiani, in proporzioni non differenti rispetto agli altri cittadini italiani, votano per il Pd: e questo è un primo dato oggettivo. In realtà l’esperienza mi ha insegnato che la percentuale di cattolici che vota per ragioni identitarie è molto piccola: la gran parte vota per le stesse ragioni per cui votano gli altri, ovvero avere uno stato meno invasivo che gli consenta di avere una vita più dignitosa con un livello adeguato di servizi. Per questo è molto importante chiarire a tutti gli italiani, cattolici o laici che siano, che Renzi è un’estremista dell’antiestremismo: è una persona che dice ‘siccome non vi potete mettere nell’imbuto del voto a fazioni che fanno parlare la pancia e invocano soluzioni estreme vi propongo le mie non soluzioni, ovvero percorsi in cui si cambia il nome delle cose per non cambiare nulla’. Se ci pensiamo bene il tenore delle riforme renziane varate fino ad ora è assolutamente questo, al punto che oggi siamo costretti a mettere in dubbio i mirabolanti numeri esibiti sul tema del lavoro dall’inizio dell’approvazione del jobs act perché lo stesso ministro è stato costretto ad ammettere che quei numeri erano falsi.
Lei al meeting come ogni anno ci è andato: cosa ne pensa di tutto il dibattito nato dall’annullamento, dopo un infuocato articolo di Repubblica, di un incontro promosso dai Domenicani sul gender?
Il problema non mi sembra che si ponga perché il Meeting è il luogo per definizione di discussione di cose scomode: c’è sempre stato un luogo dove si discute non in nome del politicamente corretto ma del politicamente significativo. Non a caso era prevista una presenza di quello stand che ha tenuto non uno ma una decina di dibattiti su temi che investivano il tema della concezione della persone e quindi dei diritti della persona: quindi onestamente sono più portato a credere che l’aggressività di alcuni media abbia voluto far saltare il sistema virtuoso degli incontri del meeting che non il meeting abbia messo in discussione la propria identità.
Infine come Popolari per l’Italia come vi muoverete rispetto alla possibilità di un referendum per abolire il ddl scuola e in l’articolare l’art.16 che prevede l’introduzione del gender nelle scuole?
Credo che questa sia una posizione ribadita più volte dal nostro partito durante il dibattito parlamentare: la buona scuola non è una buona riforma. La buona scuola prevede poi l’art.16 reso obbligatorio dalla sentenza della corte europea di giustizia che è usato per introdurre come un cavallo di troia per introdurre cose che con l’educazione non c’entrano niente, prima fra tutte la teoria del gender.
Mirko De Carli