Mauro: «La buona scuola è un’arma di “distrazione” di massa»
www.tempi.it – Per il senatore Mario Mauro, la Buona scuola «È un provvedimento “civetta”, fatto per attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema del rilancio dell’istruzione ed educazione, ma in realtà è il classico provvedimento tampone, usato dal governo come “un’arma di distrazione di massa” tanto della scuola che dell’educazione. Un’arma che al suo interno nasconde degli specchietti per le allodole. Uno di questi è il comma 16 del testo e il riferimento alla teoria del gender». Mauro vede un’atteggiamento troppo prono da parte dei colleghi deputati e senatori di Ncd-Area popolare: «Il premier Renzi sta portando avanti delle idee, tanto sul gender che sulle unioni civili, che aveva sin dai tempi della Leopolda. Si abbia il coraggio di dire a Renzi che, dato che i voti di Ncd sono decisivi, se il suo governo insiste nel voto su questi temi, lo si farà cadere, anziché infilarsi in una serie di distinguo. Sarebbe opportuno un atteggiamento più virile da parte di un partito che dice di richiamarsi alle idee e valori di centrodestra».
Senatore, cominciamo dalla Buona scuola. Perché ha un giudizio così negativo?
Perché è un provvedimento “civetta”, fatto per attrarre l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema del rilancio dell’educazione, ma in realtà usato come classico provvedimento tampone. È maturato dopo la decisione della Corte di giustizia europea sugli insegnanti precari, che ha censurato il comportamento del governo italiano e imposto la stabilizzazione dei docenti precari da più di tre anni. Per anni il Governo ha ingannato generazioni di insegnanti, posticipando sempre la loro messa in regola e perpetrando l’ammontarsi di una massa di lavoratori precari, sapendo che la giurisprudenza lo impediva e che non poteva nemmeno assumerli, e adesso ha creato un’arma di distrazione di massa che si chiama Buona scuola.
Perché la reputa “un’arma di distrazione di massa”?
Ci troviamo di fronte ad assunzioni di precari fatte male: Matteo Renzi ha stracciato i diritti di tante persone che avevano avuto la speranza di diventare un giorno un insegnante, e avevano investito tempo e denaro per la frequenza di Siss e Tfa, e che adesso vengono lasciate per strada. Dentro la “Buona scuola” ci sono anche degli specchietti per le allodole.
Ad esempio?
Uno è il bonus per chi iscrive i figli alle paritarie. Non lo critico tanto per l’importo davvero esiguo, meno del bonus di 80 euro. Lo reputo uno specchietto perché nelle pieghe della Buona scuola si sancisce l’impossibilità per le scuole non statali di scegliere il proprio personale, e le si costringe a reclutare il personale esclusivamente tra i precari generati da concorsi e concorsoni. A questo aspetto, tra i punti dolenti della Buona scuola, ce n’è un altro, ancora uno specchietto per allodole, su cui aggiungere una riflessione, quello del gender.
Lei si riferisce all’articolo in cui si dice che il Piano triennale dell’offerta formativa assicurerà «l’educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni». Per gli esponenti di Ncd, però, è un falso allarme perché il termine “gender” non appare mai.
È molto grave fare quello che ha fatto un partito di governo come Ncd. Prima ha inscenato una manfrina per chiedere una modifica del testo, a votazione già conclusa. Ora si lancia nei distinguo e nega che si parli di gender, ammettendo solo “ambiguità”. Significa che Ncd specula sulle migliaia di persone che non hanno lesinato applausi per i suoi politici, che promettevano in piazza San Giovanni un impegno a difesa della famiglia e contro qualsiasi imposizione del pensiero unico sul gender.
I parlamentari di Ncd però insistono nel far notare che nel testo si parla di «genere» e che «non c’è alcuna legittimazione del gender». Cosa risponde?
Tutto chiacchiere e distintivo questo ragionamento. Il passaggio dell’articolo 16 non è ambiguo, è chiarissimo perché fa riferimento ad un’altra legge che non solo il gender lo nomina, ma stabilisce la competenza dell’Unar (l’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali) non solo su attività extracurriculari ma anche sul curriculum scolastico. Ciò in sostanza signica che se l’Unar ritenesse discriminante nei confronti dei matrimoni omosessuali, ad esempio, alcuni passaggi de I promessi sposi o della Divina commedia, potrebbe censurarli. Se non abbiamo capito questo significa che non capiamo cosa significa lotta alla discriminazione. Il fatto che in queste ore il social network Facebook abbia chiuso il profilo di Costanza Miriano, una scrittrice, la dice lunga sul clima di discriminazione reale.
Il profilo di Miriano è tornato subito attivo ieri.
Attenzione, ma facebook l’ha chiuso. Non sono un patito del dibattito sul gender, ma nascondere la realtà in nome del politicamente corretto è uno degli atteggiamenti più lesionisti che si possono avere. Questi atteggiamenti raccontano un’enorme fragilità dell’identità europea e occidentale e avrebbero bisogno di una discussione molto seria su cosa voglia dire effettivamente discriminazione e diritti. Ci sono diritti legati al contesto di una democrazia che hanno bisogno di essere chiariti.
Tipo la libertà d’espressione?
Sì, la libertà d’espressione non mi pare un fatto trascurabile. Ma mi riferisco anche al diritto della libertà religiosa. Siamo di fronte ad un momento molto particolare. Ieri in Turchia è avvenuta la repressione di una manifestazione omossessuale, con persone che erano scese pacificamente in piazza e che sono stati dispersi con cariche di polizia, idranti e pallottole di gomma. Eppure non ho sentito nessuno dei politici italiani, tanto meno quelli che criticavano Piazza San Giovanni qualche giorno fa, esprimere una pur blanda reprimenda al governo Erdogan. Proprio come era avvenuto poco tempo fa, in occasione del centenario del genocidio armeno, dopo che Erdogan aveva fatto affermazioni negazioniste molto gravi. Nessuno, tra i nostri difensori dei diritti civili, difende adesso i diritti civili di Istanbul, forse perché l’opportunismo politico e gli interessi economici vietano di esprimere la più semplice solidarietà con chi protesta contro un governo repressivo, con cui si hanno rapporti commerciali. Tutto ciò ci rivela che sul tema dei diritti civili c’è una riflessione seria da fare in Italia. Mi spiace sia stato preso in ostaggio un provvedimento che parlava di scuola per fare una mera operazione ideologica.
Anche il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi, in una lettera, nega questa operazione ideologica, e sottolinea: «La teoria gender è una cosa, la lotta alle discriminazioni, anche di genere, un’altra. Non ci può essere equivoco. Mentre sulla lotta alle discriminazioni non si discute, per la teoria gender se i genitori vogliono (e solo in questo caso) sarà loro compito e cura insegnarla».
La distinzione tra teoria gender e lotta alla discriminazione è quella che ho appena fatto. Io e Toccafondi la pensiamo dunque alla stessa maniera. Il problema riguarda il Governo: che esecutivo è questo? Il governo del 2013 è nato dicendo che l’Italia aveva bisogno di una grande coalizione nell’interesse del Paese. E grande coalizione lo è stata sino all’uscita di Forza Italia. Dopo, tutto ciò che c’è stato è solo un governo del Pd a trazione renziana. Ovvero un governo che aveva in mente dei contenuti, tra cui quello dei gender e delle unioni civili, sin dai tempi della Leopolda. C’è dunque un governo del Pd in cui gli altri attori recitano il ruolo del cagnolino? Nulla di scandaloso, ma lo si dica. Oppure, si abbia il coraggio di dire, se non si è d’accordo sulle unioni civili e la teoria del gender, che non si può stare dentro questo governo. Si abbia il coraggio di dire a Renzi che, dato che i voti di Ncd sono decisivi, se il suo governo insiste nel voto su questi temi, lo si farà cadere, anziché infilarsi in una serie di distinguo. Sarebbe stato opportuno un atteggiamento più virile su questi temi da parte di un partito che si richiama anche nel nome alle idee di centrodestra.
Chiara Rizzo