Quel pinocchietto de “Il Bomba”
Sergio Chiamparino si dimette dalla presidenza della conferenza delle Regioni, da un lato, per il grave disavanzo al limite del default della Regione Piemonte; dall’altro, per le conseguenze delle scelte del governo Renzi in materia sanitaria. Quanto al primo, il Piemonte è in buona compagnia con la maggior parte delle Regioni del Sud che, quanto a disavanzo, vedi Sicilia e Calabria, se fossero imprese private sarebbero già nelle condizioni di portare i libri in tribunale.
Per i tagli alla sanità siamo alle solite: pinocchietto “Bomba”, twittando, twittando, ci rassicura che le tasse caleranno e, intanto, ci obbliga al doppio pagamento del canone RAI in bolletta per chi, oltre alla propria abitazione, dispone anche di un ufficio, salvo che quest’ultimo non sia privo di computer e ridotto alla condizione della scrittura amanuense con penna e calamaio. Con decisione coerente con la logica centralistica che caratterizza il suo anomalo governo, costringe, poi, le Regioni, competenti in materia sanitaria, a tagli nei servizi e all’aumento inevitabile dei ticket a carico dei contribuenti.
Di qui la sollevazione dei governatori di tutte le diverse aree politiche i quali, d’altronde, ci saremmo attesi che avrebbero protestato assai più rumorosamente con la legge di riforma costituzionale; legge che introduce un centralismo riconducibile a quello esistente prima dell’avvento delle Regioni a statuto ordinario. Manca solo che tra poco si decida che votare negli enti locali è esercizio inutile e costoso e il ritorno ai Podestà di nomina governativa insieme ai prefetti.
Che le Regioni abbiano fornito una ben triste immagine di se stesse è cosa evidente e nella consapevolezza diffusa; che serva un’immediata sforbiciata nel loro numero e composizione sino a ridurle a sei, sette macroregioni con compiti esclusivamente di programmazione e controllo, ritirandosi completamente da quelle di gestione diretta e indiretta con le partecipate, è opinione ormai largamente condivisa, tranne da coloro che dall’istituzione regionale hanno potuto ricavare sin qui i non più insostenibili differenziali economici e normativi, come quelli delle regioni a statuto speciale. Tutto questo, però, non giustifica le scelte centralizzatrici di un esecutivo espressione di un Parlamento farlocco, composto da “nominati” eletti con legge incostituzionale.
Cosa aspetti il Presidente Mattarella, ahimè, anch’egli espressione di tale equivoca situazione istituzionale, a por fine a tale scempio giuridico costituzionale, non riusciamo onestamente a comprenderlo. La sequela di arresti tra politici, alti burocrati e funzionai minori con relativi imprenditori corruttori dell’ANAS di ieri, insieme a quelli di quasi metà dei dipendenti di un comune ligure dediti al facile e illegale utilizzo del cartellino, pass non per il lavoro, ma per garantirsi impunità nell’abbandono del proprio dovere d’ufficio, è la plastica dura rappresentazione della drammatica realtà di un Paese in cui lo Stato di diritto non esiste più, con la confusione istituzionale massima a tutti i livelli.
Ettore Bonalberti