Tremonti torna sulla scena politica alla convention dei Popolari: “Italia morta con Monti”
ILFATTOQUOTIDIANO – di Francesco De Palo – In Italia tutto “si rompe nell’agosto 2011, quando ci spediscono due pacchi mortali: una lettera della Bce e il senatore Mario Monti”. Così l’ex ministro dell’economia Giulio Tremonti, partecipando a Matera alla convention dei Popolari di Mario Mauro assieme a Raffaele Fitto (Fi), Flavio Tosi (Lega), Lorenzo Cesa (Udc), attacca Ue e governo sulle scelte di natura finanziaria e sui numeri che non convincono, toccando i punti della crisi economica e politica. Nel mirino la globalizzazione che è entrata prepotentemente in Europa e la primizia dell’euro “un’esperienza mai fatta prima nella storia, come disse il primo ad averlo firmato, è la prima volta che c’è una moneta scollegata dall’oro e dagli Stati”.
Beato il Paese che non ha bisogno di eroi, disse il Galileo di Brecht: “E’ questo il senso della riflessione che dovremmo fare oggi nel nostro Paese. Non abbiamo bisogno di eroi anche perché non ne abbiamo in giro”, osserva riferendosi a Matteo Renzi ma anche ai vertici di Bruxelles. Su Renzi Tremonti attacca a testa bassa così come Fitto (“un libro di promesse – dice l’eurodeputato pugliese – ma fino ad ora della riforma scolastica non c’è una sola pagina scritta”). Sulla stessa linea Mauro che con il suo Pi punta a scardinare il patto del Nazareno perché, dice, “sono orgoglioso di non essere né socialista né di sinistra: scusatemi ma io sono così”. Proprio la comunanza di valori con Fitto era stata al centro nei giorni scorsi di possibili voci di una fuoriuscita dell’ex governatore pugliese da Forza Italia, che smentisce categoricamente perché intenzionato a fare “una maratona e non a correre solo i cento metri”, con riferimento a quanto fatto da Alfano e due anni prima anche da Fini.
Il rapporto con Palazzo Chigi è al centro del dibattito, perché sono in molti a non gradire la doppia posizione degli alleati del Nuovo Centrodestra, a parole pronti alla Costituente Popolare con Udc e Ppi (Cesa annuncia gruppi unici entro il 16 ottobre) ma poi di fatto al governo e con un grande punto interrogativo circa le alleanze alle regionali di primavera, con la Puglia già pronta al patto centrista pro Michele Emiliano.
Ma è contro l’Unione Europea che fioccano bordate. Non solo il sindaco Tosi torna a battere il tasto della sovranità nazionale e del federalismo (direzione Renzi), ma Tremonti sottolinea non è l’Europa ad essere entrata nella globalizzazione, “ma il contrario: noi eravamo intenti a fabbricarci il mercato perfetto e da fuori sull’Europa calavano il monopolio perfetto, gli schiavi, gli Stati sovrani: ovvero una competizione non equilibrata”. Terzo punto, l’euro: esperienza mai fatta prima nella storia. “Come disse il primo ad averlo firmato, è la prima volta che c’è una moneta scollegata dall’oro e dagli Stati”.
La soluzione? “Adesso qualche pirla – prosegue Tremonti – inizia a dire: facciamo come l’America, stampiamo moneta. Ma loro sono gli Stati Uniti d’America e noi siamo gli Stati divisi d’Europa”. Per cui qualcuno tenta di proseguire sulla strada del cosiddetto “decreto Sindona: chiedi i soldi alla Bce, dai in garanzia un asciugacapelli, ti danno i denari all’1% e ti salvi come banca”. Sul punto il governatore della Bce, Mario Draghi, pochi giorni fa a Napoli ha invitato a non dimenticare che la finanza europea nel 2012 era sull’orlo della catastrofe. “Ma il problema – attacca Tremonti – non si è risolto con questi commutatori cartacei”.
Cosa è accaduto all’Italia allora? Tremonti attacca chi aprì la porta al rettore della Bocconi: “La combinazione del lavoro operato dal dottor Morte (“intervento perfettamente riuscito, il paziente è morto” asserisce Tremonti) e di tutte quelle forze che si sono scaricate sull’Italia, non è avvenuta solo o tanto per pressione esterna. Ma per chiamata interna”.
Così accadde anche nel ‘500, sottolinea, quando gli italiani chiamavano lo straniero, “Spagna o Francia basta che si magna”. Anche nel 2011 secondo Tremonti è andata così: “Una banda di cialtroni che poi ha fatto carriera, i signori che prima o poi dovranno rispondere di alto tradimento”. Cosa ci resta oggi? “La distruzione di un pezzo enorme della nostra economia. E soprattutto della nostra democrazia”.
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